Spazio, cultura e tempo, al servizio del mondo
onirico di
Symona Colina
Sergio
Pesce
Nel corso della storia dell'arte abbiamo visto come la strada della
rappresentazione del sogno e le sue implicazioni (raramente affrontate almeno
sino ai surrealisti), vide muovere i primi passi con l'artista olandese
originario di Hertogenbosch,
Hieronymus Bosch. L'intento del pittore cinquecentesco fu quello di
utilizzare la tecnica pittorica per conferire alle immagini un aspetto “nuovo”
che certo portò il pubblico ad osservare opere che potevano essere viste nel
loro duplice aspetto, sia come forma che come concetto. Proprio per la sua fama
di creatore di figure e potenze malefiche, che potremmo tradurre come “cose mai
viste da occhio umano”, i suoi lavori iniziarono ad interessare il re Filippo II
di Spagna, che per questo artista nutriva una inclinazione speciale. Con Bosch
gli incubi che l'uomo ereditava sin dal medioevo presero forma, portandolo ad
allineare la sua arte alla cultura del tempo e quindi al concetto che la critica
d'arte chiama tradizione. La stessa intervenne, all'inizio del Novecento, nella
rappresentazione de il Canto d'amore di
Giorgio De
Chirico, tanto che Renè Magritte, osservandola, disse che l'opera
rappresentava un “taglio” netto con il passato dando vita ad una apparente
contraddizione che si consolidò con la sua opera intitolata "Tentando
l'impossibile" datata 1928. La tradizione può essere quindi seguita, oppure
mettere l'artista in collisione con
essa.
Ma anche in questo secondo caso dobbiamo riconoscerle il ruolo di stimolo.
Azione che inevitabilmente dona il giusto valore alle scelte intenzionali
dell'autore. Magritte come
Dalì e in
scultura Giacometti furono tutti
surrealisti,
impegnati a dar vita ad opere generate con una attenuazione dell'autocontrollo
facendo primeggiare il lato fanciullesco, arrivando ad affermare (non senza una
vena provocatoria) che solo l'irrazionalità poteva produrre arte. Alcuni
componenti del gruppo furono colpiti dagli scritti di Sigmund Freud circa il
tema del sogno e dell'inconscio. A tal proposito è giusto ricordare che lo
psicanalista prese sempre le distanze dal movimento, tanto che solo grazie
all'interessamento e quindi alla mediazione dell'amico Stefan Zweig, lo
studioso, alla fine, decise di ricevere Salvador Dalì, del quale scrisse:”(...)
fino a ora ero incline a considerare i surrealisti, che sembra mi abbiano
prescelto come loro santo patrono, dei puri folli(...) il giovane spagnolo con i
suoi occhi sinceri e la sua maestria tecnica mi ha suggerito una diversa
valutazione.” Ciò che fondamentalmente non convinse Freud fu che la loro arte
fosse usata per dare ad una idea preconscia, quindi comunicabile, una struttura
derivante dall'inconscio.
La contemporanea attenzione del pubblico verso la tecnica di esecuzione e il
conseguente coinvolgimento emotivo, ha fatto dimenticare il compito che la
tradizione aveva assegnato ai pittori e agli scultori, facendo nascere la figura
dell'artista solitario, “denudandolo” della sua funzione in società.
Assecondando il pensiero di Malraux in cui dall'arte nasce l'arte, possiamo
affermare che Simona Colina subentra nel gioco dei suoi predecessori (dei quali
ho scritto in questa prima parte) introducendo delle variazioni, che sono dipese
dalla sua intenzionalità, ma che certo derivano da altrettante variazioni
compiute in passato.
Nell'accostarsi
a questa artista fa senza dubbio piacere osservare come il fine ultimo delle sue
indagini, ossia le opere, siano ricche di cultura pittorica e spazio
sapientemente orchestrato. Il legame con la cultura surrealista le ha permesso
la genesi di immagini fantasiose ed estremamente coinvolgenti sempre
contestualizzate da prospettive attente e da punti di fuga finemente meditati.
La serie Pencil on Paper concretizza proprio questa attenzione. Qui possiamo
riconoscere forme, oggetti e soggetti che troveranno nel dipinto la loro
definitiva stesura (si veda a questo proposito l'opera
Forza Nove). La sua capacità artistica si traduce in un equilibrio tra
struttura e forma che potremmo considerare come il legame tra la forza
consapevole del disegno (di vasariana memoria) e il vigore del colore espresso
(anche concettualmente) in una dialettica di toni caldi e freddi, posti in
determinate posizioni nella superficie pittorica. Nei suoi lavori vediamo una
continua dinamicità espressiva data da forme naturali divenute astratte, assieme
ad altre a noi famigliari magari colte in un contesto quotidiano, arricchite poi
di valori simbolici. Il duplice aspetto accennato per Bosch assieme
all'atmosfera onirica dei surrealisti, si ritrova interpretato in Colina in
concetto stemperato dall'esecuzione tecnica. Il dualismo dell'opera ci permette
di “assaporare”; la rigidità della linea retta in contrapposizione a quella
curva in Vijfbol; la vicinanza del colore caldo rispetto alla lontananza di
quello freddo in Ins blaue hinein; l'aspetto onirico dello spazio, nel quale
troviamo la precisione di alcuni particolari come in Parapluutjes. Tutte
peculiarità che determinano l'agire di questa autrice, inserendola nel panorama
artistico contemporaneo grazie ad una consistente fortuna critica, che di
recente le ha fatto vincere il
concorso di
pittura indetto dal portale d'arte PITTart.
Esattamente come in un sogno, anche nei suoi dipinti, alcune forme si stagliano
con chiarezza mentre altre richiedono la nostra ingerenza mentale per essere
comprese. Rapporto che sottolinea il ruolo attivo dello spettatore. Nell'opera
A Tre
l'atmosfera curvilinea definitiva da tonalità fredde, ci porta ad osservare
forme elicoidali attorno ad un centro sferico al quale appartiene anche il punto
di vista (o fuoco).
Il colore più rarefatto nella parte superiore, dopo aver assecondato i giochi
chiaroscurali al centro della composizione, diviene materico in quella
inferiore. L'intera struttura sembra richiamare una sorta di scultura lignea che
accoglie l'elemento ovale con un colore caldo, che certo attira la nostra
attenzione. In prossimità dello stesso, possiamo riconoscere una conchiglia,
tanto che l'ovale a noi famigliare in tema pre-iconografico, potrebbe tradursi
in una perla in quello iconografico. Aspetto che torna anche nella tela
N'Uovo, ove a galleggiare in una mare “metafisico” troviamo appunto l'ovale,
manifestato con la sua struttura a quadrati prospettici. Da qui Colina studia
una sovrastruttura, composta anche da conchiglie, dalla quale emerge la figura
di un secondo uovo in cui la tracciatura quadrangolare continua. Lo studio
cromatico del dipinto ci porta a considerare tinte fredde associate a quelle
calde, poste in relazione alla sovrastruttura che influenza il nostro sguardo,
facendoci pensare all'interno dell'uovo. Da un punto di vista simbolico queste
due opere esaminate possono offrirci la stessa tipologia di lettura. L'uovo
assieme alla conchiglia, indicano la nascita e la rinascita, trovando in opere
come la Pala di Brera di Piero della Francesca un felice sunto compositivo.
Come abbiamo visto essa sceglie le immagini (nascita) da un impianto disegnativo
precedentemente preparato (Pencil on Paper) e le reinterpreta sul dipinto
(rinascita). Simbolo di questo suo lavoro diviene l'uovo, che illuminato da luce
uniforme esprime l'idea di un centro spaziale, sottolineando la sua attenta
preparazione in campo prospettico (spazio) nella rigenerazione formale (tempo).
Una delle sue opere più “delicate”, in cui i colori si compenetrano con
equilibrio, è senza dubbio
Trasparenza. Il ritorno della forma sferica, in parte bucata, ci permette la
visione “oltre”. Nella parte priva di questi fori l'artista esprime il passaggio
attraverso la sfumatura, sottolineando la trasparenza. In questo caso le due
realtà della superficie si compenetrano, mostrandoci la dinamicità di una
cascata “onirica” al centro.
L'interesse per l'aspetto dinamico dell'acqua porta l'artista a realizzare Mare
Mosso, in cui valori onirici, considerazioni spaziali e capacità tonali trovano
una felice consonanza. Ritorna la forma a conchiglia che assieme agli “spruzzi”
d'acqua, accuratamente ritratti nella parte superiore, simboleggiano il mare in
tutto il suo movimento. A sinistra della composizione viene ritratta una barca a
vela, (morfologicamente conseguente alla curva) in difficoltà, mentre spunta
l'albero di una seconda imbarcazione oramai sommersa dall'onda. Interessante
come la prima delle due si apra la strada sul mare “materico” scheggiandone la
superficie. Le sue opere si richiamano ad una relazione continua con lo
spettatore che diviene parte importante dello scambio culturale, promosso in una
ambientazione onirica. Aspetto che l'artista coltiva partendo da alcune
peculiarità della cultura surrealista che essa decide di affrontare, a discapito
di altre. Per tale motivo sarebbe riduttivo considerare i suoi dipinti solo
sotto il punto di vista onirico. Alla base della sua dialettica esiste anche uno
studio dello spazio e del significato intrinseco degli oggetti tanto da
giustificare il legame da me precedentemente visto con l'arte di Bosch. Dobbiamo
ricordare che ogni volta che un'artista viene “influenzato” da un altro,
riscrive in parte il percorso. Tale rapporto dovrà servire da stimolo al critico
d'arte per verificare di volta in volta le scelte critiche compiute da Colina,
ponendole sempre in relazione alle sue forme intenzionali e meditando sul ruolo
lasciato allo spettatore consapevole della sua capacità conoscitiva data dalla
tradizione.
Dott. Sergio Pesce