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Anna Rita Delucca
Orfeo: chi era costui? Nel mondo antico fu il mitico musico della Tracia, sposo
della ninfa Euridice, morta in seguito al morso di una serpe mentre sfuggiva al
pastore Aristeo. Orfeo, grazie alla leggiadria dei suoi canti poetici, impietosì
Plutone, divinità custode degli Inferi, il quale gli concesse di riportare in
vita l’amata ma a patto di non voltarsi mai indietro per guardarla durante il
percorso
d’uscita dal regno dei morti. Il desiderio di vedere la fanciulla
adorata ebbe però il sopravvento e dunque Euridice ripiombò inesorabilmente
nell’eterno buio della morte. L’inconsolabile poeta in seguito perse la vita per
mano di alcune donne tracie indispettite per il suo rifiuto a convolare ad altre
nozze.
Al mitico musico vennero attribuiti i ‘Canti orfici’ (in realtà già Aristotele
dubitava della sua vera esistenza) ma di fatto sono da considerarsi opera di
grammatici e filosofi cristiani della scuola alessandrina; la letteratura greca
invece denominò ‘orfici’ alcuni scrittori misterici che decantavano Dioniso
Zagreo (una setta diffusasi nella Grecia del VI° sec. a.c., la quale si definiva
fondata da Orfeo e affermava che il mondo terreno non è altro che un luogo di
preparazione alla vita superiore a cui si giunge attraverso il merito e con riti
propiziatori o cerimoniali che costituivano le pratiche segrete della setta. In
greco il termine ‘Catarsi’ significa ‘purificazione’ in quanto il corpo si
libera dalle contaminazioni; con l’influsso delfico (il mito di Apollo) e
dell’orfismo questo concetto assunse un valore più strettamente religioso e ciò
avvenne soprattutto perché si trattava di un culto a carattere esoterico sorto
per sopperire a quel senso dell’arcano a cui le filosofie nella Grecia di quei
tempi non rispondevano. Non a caso i maggiori portavoce ne furono pitagorici,
eraclitei, seguaci di Empedocle e platonici.
Pur dovendo affermare che l’importanza attribuita all’Orfismo nella connotazione
dei caratteri della filosofia greca promossa da alcuni filologi e studiosi nei
primi del Novecento non è più stata riconosciuta negli anni successivi, in epoca
moderna il termine assunse però una sua collocazione proprio nel primo periodo
del XX° secolo grazie a Guillaume Apollinaire, poeta e letterato italo
/francese, che certamente ne trasse spunto dal suo poemetto satirico-idilliaco
‘Le Bestiaire d’Orpheè’ (risalente all’anno 1900) e che costituì il punto
d’intersezione tra la fine di un’epoca, quella ottocentesca e il nuovo secolo.
Il poeta era amico di
Ungaretti, sosteneva i fauves e il Cubismo: il suo
‘Bestiario’ rappresentava un trait-d’union tra la sua istintuale tendenza al
non–sense e il sagace stile narrativo dei bestiari medievali, nel contempo il
suo concetto di arte pittorica s’innestava tra la concretezza cubista e la
raffinata eleganza dell’Art Nouveau.
Nel 1912 Apollinaire coniò ufficialmente il termine ‘Orfismo’ (o ‘cubismo
orfico’) in occasione della mostra ‘Der Sturm’ a Berlino per definire gli stili
pittorici della nuova generazione impersonata da Delaunay, Picabia e Kupka, i
quali, attraverso la vitalità dei colori, la sinuosità e l’armonia del cerchio
concentrico in movimento, si distanziavano dal rigido e monocromatico cubismo
della prima maniera di Picasso e Braque. Il riferimento di Apollinaire al mitico
Orfeo fu per definire una pittura evocativa o , com’egli stesso affermò "un
piacere estetico puro, una costruzione che colpisce i sensi e un significato
sublime, ossia, il soggetto. E’ arte pura". In fondo è la medesima dimensione
del sogno in cui si riconosce l’arte letteraria di Dino Campana. La nuova
generazione dell’Orfismo, auspicando la nuova forza di dinamismo rotatorio in
perpetuo movimento, concettualmente entra in sinergia anche con la definizione
di ‘Spazio-Tempo’ del Futurismo italiano. Ad un certo momento però, la pittura
evocativa di Robert Delaunay assume una posizione pienamente autonoma nei
confronti del Cubismo. Opere come le sue “Fenètres” vengono da lui stesso
definite "…Frasi colorate…". Il cromatismo assume la caratteristica di essere
fine a sé stesso definendo così una tendenza sempre più accentuata verso il
raggiungimento di una dimensione astratta. Nei suoi quadri dedicati alla Tour
Eiffel invece l’oggetto e lo spazio si scompongono e ricompongono integrandosi
tra loro attraverso il gioco della luminosità: secondo Delaunay in effetti la
luce possiede la capacità di modificare le forme: "… I piani colorati sono le
strutture stesse del quadro, la natura non ha più da essere il soggetto di una
raffigurazione bensì un puro e semplice pretesto".
Sempre nell’anno 1912 Apollinaire pubblica un volume intitolato ‘Les peintres
cubistes’, in cui definisce i quattro principali modi di essere del Cubismo:
‘scientifico, fisico, istintivo, orfico’, negli ultimi due dei quali si
identifica la novella generazione artistica che recupera così il cromatismo e la
luminosità dell’Impressionismo, dei Fauves e dei divisionisti, come pure di
Matisse e di Gauguin seguendo in tal modo il principio formulato sin dal 1838
dal chimico Michel Eugène Chevreul del ‘contrasto simultaneo dei colori’ e che
negli anni a venire Delaunay studierà in modo approfondito. Il concetto di
esaltazione del cromatismo a discapito dell’oggettiva rappresentazione della
natura sarà ribadito da Frantisek Kupka e da Francis Picabia, ciascuno con un
proprio percorso: il primo attraverso la sovrapposizione e la intersecazione di
piani e superfici colorate, per realizzare effetti originali, il secondo,
praticando la sua instancabile ricerca di verità e l’interesse per la poesia
tramite l’orfismo. Non ultima, Sonia Terk, in una parentesi precedente al suo
cammino artistico dedito all’Astrattismo, pose attenzione alla ricerca cubista e
orfica.