![]() Pitture e artisti |
Articolo del critico dott.
Sergio Pesce
La dialettica universale del movimento, dopo una prima fase che diremo
preliminare, legata essenzialmente alla mente del
critico e gallerista Jeffrey Deitch, si concretizzò nella mostra Post Human da lui stesso curata nel 1992.
Tra gli artisti che seppero distinguersi abbracciando questo nuovo movimento
troviamo Jeff koons e Charles Ray, entrambi scultori.
La "corrente"si pone essenzialmente in fase di studio nel complesso rapporto tra
l'evoluzione scientifica e la funzione sociale dell'uomo, sempre più influenzata
dai computer che sono "figli" naturali della progressività. Il termine Post
Human incornicia proprio la fine dell'evoluzione naturale dell'essere umano per
celebrare l'inizio di quella artificiale. Studiandone i cambiamenti sociali si
riuscirà a comprenderne l'arte che diviene specchio di questa genesi. L'era post
moderna nella quale viviamo viene tradotta in disintegrazione dell'io in attesa
di quella post umana attenta nella ricostruzione dell'Io universale che pone le
sue radici nell'umanesimo prima e nel Rinascimento poi. Il movimento di Deitch
si può definire storicista, anche se la sua spinta verso un futuro non troppo
lontano sembra
dimostrare il contrario. Tutte le scelte degli esponenti del Post Human sono
coscienti della storia che usano come base sulla quale diramano i loro pensieri
che sono a loro volta le radici culturali delle opere che espongono.
Da un punto di vista didattico il movimento deve molto all'arte di Pablo Picasso
anche se concettualmente è la Pop Art di Andy Warhol ad essere seguita. Ma a
differenza dell'artista di Pittsburgh qui non si coglie la ripetizione per
sottolineare la società in cui si vive. Anche se il percorso è simile, qui
l'intento è quello di cogliere la nuova psicologia comune attraverso aggressive
trasformazioni somatiche del soggetto raffigurato. Uno dei massimi esponenti
della corrente artistica è certamente Charles Ray, presente alla mostra
sopracitata del 1992. Al contrario del suo collega Jeff Koons che non cerca significa
nascosti nelle sue riproduzioni (giganti) di oggetti banali, egli incarna la
riflessione cosciente dell'arte che lo ha preceduto. Si pensi a Ink Box dove un
cubo metallico viene riempito di inchiostro sino all'orlo dando l'illusione
di
stabilità, oppure Family Romance del 1993 ove sono rappresentati quattro membri
di una famiglia. La loro realizzazione è assolutamente reale tanto che si denota
una minuzia di particolari non comune nell'attuale mondo dell'arte. L'opera
sottolinea il pensiero Freudiano delle fantasie erotiche espresse all'interno
del nucleo famigliare. Le quattro sculture, rappresentate alla stessa altezza,
tendono ad eliminare le diversità date dall'età dando l'illusione della
normalità del concetto espresso da Freud. Come vediamo le opere di Ray sciolgono
la presunzione dello spettatore di avere il pieno controllo sulla realtà che lui
stesso gli fornisce in maniera meticolosa.
Un'opera che ha aumentato la fortuna critica di questo artista in campo
internazionale
è certamente Boy with Frog conosciuta in Italia con il titolo Il ragazzo con la
rana in mano. La scultura fu commissionata dal mecenate François Pinault e
voluta, nel 2009, davanti alla Punta della Dogana a Venezia che lui stesso aveva
fatto restaurare dall'architetto giapponese Tadao Ando. Qui Ray dopo i primi
studi sul soggetto ha realizzato vari modelli in diverse misure per capire quale
fosse la scala giusta che poteva permettere una corretta relazione con il sito
stesso. Alla fine scelse l'altezza consona alla posizione, che ne permette una
corretta visualizzazione sia da San Marco che dalla Giudecca. L'opera vuole
omaggiare l'Italia citando nel suo repertorio le forme attiche e quelle
Rinascimentali, non solo con i volumi ma anche con il bianco. La scultura
richiama la copia marmorea dell'Apollo Sauroktonos di Prassitele, scolpito
mentre si appoggia ad un busto d'albero sul quale trova spazio una lucertola. La
famosa curva prassitelica dell'Apollo viene inserita da Ray facendo incurvare la
schiena del ragazzo in avanti, rendendolo inelegante di profilo e quindi
conseguente all'ideologia
Post Human delle aggressive trasformazioni del soggetto raffigurato. Al di là di
sfuggenti interpretazioni critiche, il ragazzo non sta offrendo la rana a
Venezia. Ciò che dona alla città è il senso di partecipazione per la sua
curiosità nei confronti di questo piccolo anfibio, che assume il significato
umanistico di rigenerazione.
Anche in questo caso l'artista scardina la consapevolezza del senso dell'opera.
Ciò che colpisce lo spettatore sono le reminescenze artistiche proposte da Ray.
L'armonia rinascimentale italiana contrasta con la città lagunare, che rimase
legata a lungo allo stile gotico accettando con ritardo la rinascenza toscana.
L'opera non è quindi un omaggio a Venezia bensì un invito alla partecipazione
artistica in senso contemporaneo, attraverso l'uso raffinato e simbolico dello
stupore del ragazzo e della rana nella sua mano. Invito che la città, per
fortuna o purtroppo, non sembra accettare, come dimostrano le innumerevoli
discussioni che ancor oggi coinvolgono l'opera e la sua collocazione e che non
sono destinate ad attenuarsi.