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MvMarcus e l'astrattismo

MvMarcus e l'involuzione figurativa verso l'astrattismo personale e materico. Articolo del critico d'arte Dott. Sergio Pesce

Articolo del critico dott. Sergio Pesce Il critico d'arte Dott. Sergio Pesce

deserti op.XVIILa rivoluzione astratta iniziata con Kandinsky a partire dai primi anni del XX secolo ha dato la possibilità, con il tempo, a vari creativi di sfogare la loro dialettica entro confini che lo stesso maestro e padre dell'astrattismo determinò assegnando dei significati simbolici agli attori della sua pittura. Si pensi a tal proposito al saggio Punto, linea, superficie.
Nel giovane pittore veneziano la lezione si traduce attraverso la forte spinta emotiva che contrassegna i suoi lavori, fornendo allo spettatore tele intrise di spiccata conoscenza artigianale al servizio del protagonismo del singolo elemento in lotta con l'intera composizione. Queste trovano armonia solo grazie ai leganti naturali che lo stesso autore impiega sapientemente per rendere compatto questo rapporto dualistico, quasi scultoreo, di emozione e spiegazione. Due elementi posti agli antipodi della stessa sostanza dell'opera. Dualità che si concretizza anche nella scelta di usare uno pseudonimo per firmare le sue tavole.
Nelle opere di Marco Penzo in arte MvMarcus affiora il suo lato lirico. Nella raccolta di poesie da lui composte e illustrate, Il popolo della Brain1terra, dedicato al popolo dei Navajo, i componimenti evocano un campionario di immagini che assumono tinte surreali evocando Rimbaud e Lautrèamont che assieme all'atteggiamento antropologico già visto in Gauguin sono stati scelti dal pittore veneziano per annunciare la sua stagione pittorica, pregna di cultura francese, di cui egli è un fermo amatore essendo per metà parigino. Non a caso la sua recente autobiografia artistica MvMarcus artista astratto è stata tradotta in questa lingua, con la collaborazione di Dany Dublè.
Il suo agire nasce dalle sue richieste più intime che trovano una parallelismo con la ricerca del primitivismo antropologico. La peculiarità di questo suo modus operandi che a un occhio inesperto sembra frutto di scelte frettolose, trova invece una perfetta sintesi se lo si considera come un artigiano impegnato con gli strumenti più adatti a realizzare un'opera che difficilmente verrà riconosciuta visivamente perché astratta. Questo senso di incomprensione si snoda nei particolari del dipinto che a tratti sembrano ricordare figure a noi conosciute. L'aspetto ludico dell'autore si manifesta anche nella composizione dei titoli, laddove siano presenti. Penso all'opera Ring ove anziché presentare al pubblico un anello, la rivoluzione pittorica ricorda l'occhio di un rettile. Il dipinto rimane comunque uno degli ultimi esempi di timido astrattismo legato per certi versi ad un inconscio formalismo che l'autore porterà a dissoluzione con le opere successive.
Nel suo secondo periodo il pittore conferma la sua involuzione formale, concedendosi le libertà dadaista, giocando con le forme del surrealismo poetico e con quelle materiche di un astrattismo ripreso Autocoscienza artificialeevidentemente da Pollock. Definizioni e concetti che in MvMarcus non spiegano il suo agire ma servono al critico per mediare tra l'emozione espressa dal pittore e il suo significato intrinseco. In questo filone autodeterminato dall'autore spiccano certamente le opere intitolate Deserti op.XVII e Brain1, che confermano l'ascesa del pittore. Interesse che ha influenzato anche la critica d'arte, che ha potuto osservare queste sue opere presso il Museo di Scienze Naturali di Torino grazie all'esposizione Da Torino a Chicago e Vice Versa tenutasi quest'anno. Come in una sinfonia musicale le due tele si inseriscono come acuti che rompono con il vecchio corpus d'opera dell'autore per spingere lo stesso verso un livello qualitativo degno di nota. In deserti op XVII MvMarcus ci mostra una superficie sagomata quasi si sforzasse di contenere al suo interno un altro oggetto che così costretto ne determina le forma esteriore. La compressione delle emozioni sotto questo velo materico forma delle crepe che fanno pensare ad una difficile conservazione del processo artistico. Lo sfaldamento si mostra con una venatura scura piuttosto marcata che trafigge l'opera in diagonale. Si tratta di un forte richiamo al fare dell'autore che ha il difficile compito di legare le dualità del suo agire, precedentemente descritte.
In maniera opposta viene affrontata l'opera Brain1. La tecnica usata deve molto al dripping di Pollock. Anche se decontestualizzato, ci fornisce la sensazione di una sovrastruttura che cerca di imprigionare la materia sotto di essa, che si badi bene, non viene descritta pittoricamente con un unica tonalità, ma misurata con il chiaroscuro. In questo dipinto leggo la volontà dell'autore di voler usare una tecnica conosciuta, traducendola in strumento di prigionia mentale, da qui il titolo. Il pittore opera quindi in maniera astorica, applicando valori legati alla storia dell'arte che dopo la sua attenta mediazione cambiano significato per adagiare il suo pensiero. Atteggiamento influenzato dalla cultura dadaista e una ammonizione contro la pittura di accademia dalla quale egli stesso si distanzia. In questo senso l'autore sceglie l'involuzione figurativa verso un astrattismo del tutto personale e materico, che si traduce in un deserto, colto nelle sue diverse sfaccettature e ottimo campo per apprezzare i miraggi emotivi che poi il pittore dovrà legare alla materia grezza.