![]() Pitture e artisti |
Articolo del Critico d'Arte Dott.ssa
Federica Giobbe
“Ogni artista intinge il pennello nella propria
anima e dipinge la propria natura nei suoi quadri…”
Henry Wand Becker 1813-1887
Quando ci si trova davanti ad una tela bianca tutte quelle emozioni che vibrano
e vivono dentro un artista, prendono forma e si esprimono potenti attraverso
l’uso del colore; ed è allora che accade come una magia. Qui, nello spazio di un
respiro, inizia il viaggio dell’arte, il primo vero passo verso la creatività di
un momento, dove l’Anima rinasce e si rinnova attraverso i
vari percorsi della
vita.
Le
tele dell’artista Sarita Valeria Battel sono vere e proprie emozioni raccontate,
emozioni che nascono dall’umiltà di un pensiero, dalla sensibilità di un gesto,
da un proprio racconto interiore donato al mondo con un sorriso.
I sentimenti,
narrati attraverso un inesausto dinamismo compositivo, sono colpi di luce e
colori che riempiono lo spazio tra artista e spettatore, creando un’atmosfera
quasi da sogno.
Tutte le opere esposte in questa personale, sono pervase da
un’evanescente fascinazione, propria della dimensione onirica e fantastica. Le
montagne ed i boschi della Val di Fassa, protagonisti indiscussi di racconti,
miti e leggende ladine, divengono soggetti “meravigliosi” da ritrarre in ogni
frammento d’esistenza. I colori caldi di una natura pulsante e gli scuri di
fitte ombre al crepuscolo, si combinano e si esaltano a vicenda in scenari
sempre più carichi di attesa e di mistero. La metafora della vita è vissuta a
pieni occhi ed a piene mani da questa straordinaria personalità
artistica,
nativa di Fontanazzo di Fassa ma “figlia del mondo”, amante degli spostamenti in
contenenti diversi e del continuo peregrinare alla ricerca di interessanti
contaminazioni e suggestioni, che hanno di certo influenzato e plasmato in modo
esemplare la sua arte naturalistica – neo espressionista. Ma il viaggio più
bello di Sarita Valeria Battel credo proprio abbia origine dalla mostra che
porta il nome di un passaggio: “Jir, che in lingua ladina vuol dire “andare”.
Un viaggio che inizia con una nascita e che attraversa diverse fasi prima di
giungere a quella conclusiva trasformazione che ci accomuna tutti, una vera e
propria ri-nascita; dove la fine non è altro che la conclusione di un percorso,
fatto nel tempo e nello spazio di un respiro, e la sua eterna continuazione,
vissuta nel cuore e l’anima. In questo nostro viaggio di sola andata, dove
ognuno di noi ha un proprio biglietto ed un proprio bagaglio personale, ci sono
iniziative, momenti di attesa, di perdita, di cambiamento, di pentimento, di
ripensamento, di chiusura, di apertura, di smarrimento; ma anche forti motivi
per proseguire, momenti per ritrovarsi e continuare a camminare, rialzandosi,
nonostante tutto.
Apparentemente, Valeria Sarita potrebbe tradire un carattere definito “timido”,
ma che al contrario è ricco di gaia introspezione, propenso ad un’osservazione che va ben
oltre il moto della mano,visibile nel segno ritmico di un rivolo; nel calco di
un sentiero di montagna; nella rappresentazione poetica di un tramonto
all’orizzonte; dove tutto si trasmuta miracolosamente in veicolo d’emozione. La
sua pittura spazia dall’olio, all’acrilico, dall’acquerello all’ausilio di varie
tecniche espressive, nella realizzazione di una pittura figurativista che
racchiude in sé una certa esperienza cromatica, dove l’aspetto “paesaggio” è in
simbiosi con il colore.
“Quando io dipingo mi diverto, amo e … viaggio”,
dichiara l’artista emozionata, quasi come se le sue opere non fossero null’altro
che la rappresentazione metaforica dell’esistenza stessa; dove si ritrovano
indisturbati i frammenti di un passato e si riesce a penetrare in punta di
piedi, nella salvezza dell’Io e nella rinascita del Sé, valicando la conoscenza
e L’amore verso Dio e la Natura.
In molti dipinti, l’orizzonte curvo avvolge la
totalità del paesaggio ed il cielo
è
coinvolto totalmente nell’ordine sferico del quadro. Si tratta di un dominio
delle forme armonico, equilibrato, paragonabile all’idea di “vuoto metafisico”
che trasmettono i paesaggi orientali; ma rinvia anche alla visione del “tutto”
in cui terra, vegetazione, mare e cielo si arrendono silenziosi alla dinamica
della materia, per tornare a far parte di un ordine cosmico, universale, che la
pittrice Sarita ci restituisce dolcemente. Ed è ancora una volta il paesaggio,
dunque, ad essere supremo protagonista; avvertito sì come uno spazio fisico
definito, ma soprattutto concepito come entità viva e pulsante, votata ad un
rincorrersi di rimandi mentali ed emozionali, evocativi di antiche memorie e
tradizioni; mentre lo sguardo, attento ed immobile, compone emozioni e la vita
pare in attesa ad ascoltare il timido ma potente ritmo della Natura.