Pitture e artisti |
Articolo del Critico d'Arte Dott.ssa Federica Giobbe
Quando si parla di Matthias Sieff, audace artista di Fassa, subito tornano alla mente le sue figure antropomorfe, i suoi corpi colmi di forza, vitalità espressiva e “peso”, le sue sculture monolitiche che rievocano immobili tratti di antiche memorie stilistiche.
Nato a Cavalese il 22 aprile1982 e residente a Mazzin, tra le Dolomiti della Val di Fassa, Matthias celebra una carriera colma di successi e grandi sacrifici: dopo aver conseguito il diploma di Maestro d’Arte presso la Scuola d’Arte di Pozza, ha ottenuto il diploma di laurea di Scultore del legno a Selva di Val Gardena, ma per ampliare i suoi orizzonti creativi, ha infine conseguito la Laurea in Arti Applicate a Vienna.
Una formazione ricca quanto complessa, dove l’artista di Campitello ha appreso di certo il rigore accademico, la tecnicità delle forme e la plasticità della materia; ma il suo viaggio attraverso questa raffinata ricerca artistica ha conseguentemente trovato radici nella sua personalità, dove equilibrio, fantasia e sperimentazione si affacciano ad un mondo fatto di corpi inseriti sapientemente nello spazio, creando essi stessi una loro “spazialità.
“Per passare la barriera tradizionalistica dolomitica, con un imprinting piuttosto unilaterale, ho voluto ampliare la mia conoscenza andando a Vienna. In quegli anni di università delle arti applicate viennesi ho avuto una svolta nella mia visione artistica; Vienna mi ha aiutato ad oltrepassare la
barriera che delimitava gli orizzonti stilistici personali, dettati appunto dall’arte lignea locale, in ogni caso fondamentale per arrivare ad un certo grado di plasticità tecnica, ma avevo bisogno di esprimere me stesso appieno. Dalla mescolanza tra Sieff prima dell’accademia viennese e dopo, ha preso vita il Sieff di oggi”.
La sua ricerca artistica si basa sullo studio del corpo femminile e maschile ed è caratterizzata da un’interpretazione forte e personale di personaggi asessuati, ma colmi di significati antropologici e culturali.
Le figure, erette, hanno capi leggermente girati verso l’alto, un torace voluminoso che è sorretto dalle gambe forti e da piedi enormi, e spesso non presentano le braccia, perché tutto ciò che devono dire, l’essenziale, è già presente e non vi è la necessità di aggiungere, anzi, piuttosto di sottrarre.
“I miei personaggi sono nati dalla mia fantasia e dai miei studi sull’anatomia, e ciò che posso dire oggi è che attraverso le mie opere, nel bene e nel male, vengono espresse emozioni e suscitano per questo diversi sentimenti in chi li osserva: dallo stupore, alla perplessità fino ad arrivare alla
meraviglia. Ma è un bene, l’arte ha un suo giudizio soggettivo individuale, può piacere o meno, di certo però le mie sculture non lasciano indifferenti, tutti li osservano, e questo mi da soddisfazione”.
Le figure sono molto statiche e stabili, caratterizzate da una costruzione tettonica dove ogni singolo elemento sorregge ed è sorretto, così come un edificio, costruito piano su piano e tutte inserite su un piedistallo di un certo volume e peso specifico, per differenziare maggiormente la loro identità e plasticità
scultorea.
“Attualmente sto sviluppando l’idea di basamenti in Cor-Ten, un acciaio dall’elevata resistenza corrosiva e meccanica, che rendono maggiormente questa idea di stabilità, dove han bisogno del loro spazio”
Ogni figura nata nel suo studio a Campitello, presenta una costruzione basata sull’incrocio di assi orizzontali e verticali, e talvolta, per evidenziare maggiormente l’asse orizzontale, le figure vengono rappresentate con le braccia aperte. Ma queste forme e personaggi hanno un’origine d’ispirazione antica: dai Moai dell’Isola di Pasqua, al carattere ed all’immobilità della sfinge egizia che si trova innanzi alle Piramidi d’Egitto, fino a ricordare le figure monolitiche in argilla cotta delle civiltà mesopotamiche del IV millennio a.C., dai corpi squadrati e massicci, fino alla durezza ed essenzialità stilistica delle prime sculture arcaiche monolitiche, come i totem e le sculture votive dell’arte mesopotamica. Inoltre, permane l’influenza dell’arte austriaca dello scultore Fritz Wotruba.
”Personalmente la scultura la interpreto come un modo di esprimersi che debba avere un certo spessore e carattere, una certa fissità e freddezza, come le figure antiche, fiere nella loro staticità statuaria”.
La problematica delle forme corporee è importante per Sieff, poiché la raffigurazione del corpo deve oltrepassare le proporzioni, e le forme devono essere sempre in simbiosi tra
loro, semplificate e geometrizzate, pur rimanendo sempre organiche, trovando sempre quella giusta tensione emozionale.
Per la rappresentazione stilistica, Matthias Sieff utilizza sempre materiali che, al contrario di tante forme d’arte attuali, danno una spiccata durabilità nel tempo, come ad esempio il legno di tiglio.
“E’ il materiale che prediligo, un legno morbido, essenziale, senza nodi ed imperfezioni, pulito, puro e liscio per natura, utile per i lavori di superficie e le cromature di colore coprenti e brillanti, così che anche la superficie esterna possa assumere la sua importanza, quasi fosse un abito. Una grande soddisfazione per me quest’anno è stata quella di esporre alla collettiva “Legno Len Holz” curata da Gabriele Lorenzoni presso la Galleria Civica del Mart di Rovereto, un onore e sicuramente una spinta per proseguire e consolidare sempre meglio per la mia strada, anche se la sperimentazione non finisce mai”.
Un artista in continua evoluzione, che segue la dinamicità dell’arte ed i suoi codici creativi, senza mai diventarne dipendente, ma al contrario, riuscendo a travalicare ogni confine stilistico per esprimere al meglio la sua sensibilità creativa e il suo intuito plastico, regalandoci ancora emozionanti opere non ancora immaginate.